le pietre della presolana
di cesare re
La Presolana, dai pressi del rifugio Albani, una cima dolomitica trapiantata nella bergamasca. Questa immagine, da un punto di vista estetico, si stacca molto dalle altre tre che costituiscono il vero cuore di questo articolo. E’, però, uno scatto utile per vedere l’ambiente, ai piedi del quale state scattate queste foto. Nikon D810; Nikkor 24 – 70, f 2,8; (f 8; 1 / 125; iso 100). Conversione in bianco e nero con Silver Efex Pro.
Le rocce della Presolana
Le Orobie bergamasche sono un mondo di cime e valli che conosco molto poco. Ho girovagato moltissimo per l’Arco Alpino, lungo tantissime valli. E’ anche bello, però, che ci siano zone che non conosco o che ho “toccato”, con mano e fotografie, solo marginalmente o di passaggio. Per quasi 20 anni, ho collaborato con la rivista TREKKING&Outdoor, fotografando e scrivendo sulle vette di Piemonte, Valle d’Aosta, Valtellina e Dolomiti, ma quasi mai ho avuto occasione di lavorare nelle Orobie Bergamasche, neanche per altre testate o per la realizzazione di libri. Mi è capitato, in verità, di passare qualche giorno di vacanza, in adolescenza, con Filippo, Pietro e Alberto, gli amici di sempre, a Nasolino (frazione di Oltressenda), vicino a Villa d’Ogna e Clusone. Allora, però, non fotografavo ancora. La Minolta X700, la mia prima reflex, sarebbe arrivata solo qualche anno dopo. Capita così, in una calda giornata di agosto, che mi ritrovo, a salire, in auto, i sinuosi tornanti che conducono al Passo della Presolana, in una sfilata di scorci che si mischiano e si amalgamano con i ricordi di alcune immagini che mi sono rimaste impresse nella mente, o meglio sono riapparse, così come i ricordi: una serie di visioni fugaci di luoghi, ponti, baite e tratti di roccia grigia, quella della Presolana, appunto, quinte e sfondi di episodi e momenti spensierati, propri di quel periodo. Vi è mai capitato, per esempio, di essere inseguiti da una mucca? Beh…a me e Pietro, si. Siamo stati salvati dal cane pastore che, con una rapida corsa e un’abbaiare convinto e perentorio, ha riportato la mucca sulla retta via, consentendoci di terminare la nostra faticosa corsa in salita, ormai in debito di ossigeno. Si…lo so. E’ un evento piuttosto grottesco, ma in quegli attimi assunse un qualcosa di epico, una vera e propria esperienza di vita. Per non parlare del Caballero, il 125 cc della Fantic, scrigno di una serie di episodi che credo proprio non si possano raccontare, momenti di altri tempi, relegati oggi in una parte di memoria lontana.
La roccia in bianco e nero
E’ bella la Presolana. Sembra una cima dolomitica trapiantata nelle Orobie Bergamasche. Questo è il pensiero dominante, mentre salgo al Rifugio Albani, da Colere, da Carbonera, per la precisione. Una salita dove apprezzo la forza del bosco e il tragitto del sentiero che si snoda sulle rocce chiare, quasi bianche, alle falde della montagna. E’ bello camminare in un luogo che non si conosce. E’ bello chiedersi quanto manca, oppure doversi fermare a consultare la cartina, guardando il numero di sentiero. Mi piace persino l’idea di non conoscere i nomi delle cime circostanti. Quando mi muovo per lavorare, o mentre tengo i miei workshop di fotografia, conosco le relative zone alla perfezione e sono in grado di spiegare, con dovizia di particolari, i nomi di vette, valli e anche di raccontare qualche curiosità o peculiarità. In questo caso, a parte qualche crinale noto, come il lontano profilo dell’Adamello, per esempio, mi trovo a muovermi e a fotografare scorci e panorami nuovi. Torno al piacere della scoperta, al dubbio sul nome o sulla lunghezza del percorso. L’estetica elegante della Presolana e lo stato un pò “rustico” del sentiero mi piacciono, ma la cosa che più mi colpisce è l’estetica di alcune rocce: a volte sono di un bianco cangiante, in alcuni casi sono impreziosite da tronchi e cortecce che si avviluppano alla pietra; in altri casi divengono pareti di forre e piccoli canyon. Proprio le rocce diventano il mio soggetto fotografico preferito, durante questa escursione. Le immagino, immediatamente, in monocromia, con le sfumature di grigio e il contrasto di un cielo intenso con nubi bianche spumeggianti e vivaci.
“Rocce della Presolana 1”: roccia e cielo, nei pressi del Rifugio Albani, ai piedi della Presolana. Conversione in bianco e nero del file Raw con Silver Efex Pro. Nikon D810; Nikkor 24-70 2,8 AFG. Filtro polarizzatore.
Tecnica fotografica
Da un punto di vista tecnico si tratta di immagini piuttosto semplici, dove è molto importante una composizione accurata. I tre scatti selezionati per questo post, sono stati scelti da una serie più ampia (Rocce della Presolana), con foto esteticamente molto legate tra loro. In tutti gli scatti il soggetto è inequivocabilmente la roccia in primo piano, con un cielo intenso, contrastato e ricco di nubi, elemento determinante per la fotografia di paesaggio e ancora di più per il bianco e nero. Provate a immaginare queste stesse foto senza le nuvole? Da un punto di vista di esposizione non ci sono problemi particolari. Io ho scelto di misurare la luce sulle rocce in media compensata. La luce era intensa e piuttosto contrastata, ma le rocce erano illuminate in maniera abbastanza uniforme. Non c’erano, quindi, problemi particolari di esposizione. E’ stato usato un filtro polarizzatore, in modo da accentuare lo stacco tra il bianco delle nubi e il cielo. Se ti interessa, ho scritto sul sito di FotoPerCorsi, una articolo sull’uso di questo strumento.
“Rocce della Presolana 2”: anche in questa foto, come nella precedente, c’è una composizione sulla diagonale. Conversione in bianco e nero del file Raw con Silver Efex Pro. Nikon D810; Nikkor 24-70 2,8 AFG; filtro polarizzatore.
“Rocce della Presolana 3”: in questo caso la roccia occupa la parte bassa della foto, lasciando spazio, ad una composizione diagonale per le nubi. Conversione in bianco e nero del file Raw con Silver Efex Pro. Nikon D810; Nikkor 24-70 2,8 AFG; filtro polarizzatore.
Un Progetto Fotografico
Questi tre scatti “Rocce della Presolana” sono tra loro legati e possono essere considerati un piccolo progetto fotografico. Lavorare seguendo un tema (o un progetto fotografico, appunto) significa concentrarsi su un singolo argomento e scattare immagini che abbiamo un legame tra loro. Il trait d’union delle foto può essere concettuale o estetico, ma comunque deve seguire un filo logico. Le foto devono essere tra loro legate. Scattare immagini seguendo un tema, per chi è all’inizio della propria attività fotografica, aiuta anche ad affinare la parte tecnica, concentrandosi su un singolo argomento. Esempi, magari banali, ma utili per capire il concetto, in fotografia di montagna, possono essere scatti di alberi, magari in bianco e nero, magari concentrandosi sui rami, piuttosto che sui tronchi, oppure foto di paesaggio con inquadrature molto strette e selettive, oppure immagini panoramiche, con contrasto molto elevato, o scatti delle postazioni della prima guerra mondiale, in zona Ortles – Cevedale, o rappresentazioni dell’architettura alpina in una determinata valle, e così via. Questi sono solo rapidi esempi. Per meglio comprendere l’idea di progetto fotografico, consiglio di guardare sempre le foto dei grandi autori, non certo per copiare, ma perché possano divenire spunto per imparare e capire i crismi concettuali. A volte il progetto nasce in maniera riflessiva, precisa, fortemente cercato e voluto, altre in maniera più casuale, magari determinato da una situazione precisa, come la vista di un soggetto particolare, in una situazione di luce diversa o inconsueta. (tratto da “Fotografia di Montagna”).
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